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UGC e visibilità nella ricerca dei contenuti social

12 Apr 2024 | Social Media

La creazione e la condivisione di contenuti online sono diventate pratiche quotidiane per milioni di persone in tutto il mondo.

La creazione e la condivisione di contenuti online sono diventate pratiche quotidiane per milioni di persone in tutto il mondo.

Questo flusso incessante di contenuti ha dato vita a una vasta gamma di materiale generato dagli utenti, noto come User Generated Content (UGC), che ha rivoluzionato il modo in cui le aziende si impegnano con il proprio pubblico e si posizionano sul mercato.

In questo articolo, esploreremo il potenziale dell’UGC e la sua relazione con la visibilità nella ricerca dei contenuti sui social media.

Cos’è l’UGC?

L’UGC si riferisce a qualsiasi tipo di contenuto – che sia testo, immagini, video o recensioni – creato dagli utenti stessi anziché dall’azienda o dal marchio. Piattaforme di social media come YouTube, Wikipedia, WhatsApp e Twitter consentono agli utenti di interagire tra loro attraverso la generazione e la condivisione di contenuti. Il filo comune tra queste piattaforme è che contengono contenuti generati dagli utenti (UGC).

L’UGC è materiale che una piattaforma ottiene dai propri utenti. Il nome stesso lascia intuire il suo funzionamento: quando si sceglie una strategia di user generated content marketing, i contenuti sono creati direttamente dai consumatori che promuovono un prodotto o un servizio di un’azienda.

Oltre a essere un modo per entrare nel mercato in modo organico, il contenuto generato dagli utenti aiuta anche a instaurare un rapporto di fiducia tra il brand e i potenziali clienti. Questo avviene proprio perché valorizza le esperienze positive della customer base esistente.

Esempi di UGC

Non a caso uno degli esempi di user generated content ante litteram esula addirittura dagli ambienti digitali. L’Oxford English Dictionary, a partire dalla fine degli anni settanta dell’Ottocento, fu compilato grazie al contributo dei parlanti inglesi che inviavano – addirittura fisicamente a quel tempo – lemmi e voci compilate alla direzione del dizionario.

Oggi esistono infinite tipologie di UGC. Ci sono, come già si è accennato diverse volte, progetti wiki (Wikipedia, Quora, ecc.) che sfruttano il principio della partecipazione e della collaborazione per lo più per scopo educativo.

Anche l’intrattenimento è uno dei campi in cui gli utenti danno più spesso sfogo alla loro creatività e alla capacità di mixare e remixare idee e cliché ben noti e lo fanno in forme delle più varie: dai meme divertenti alle challenge, passando per i progetti più strutturati di fan fiction per esempio.

Nonostante nascano in origine, nella maggior parte dei casi, a uso e consumo degli altri utenti e del pubblico generale della Rete, comunque, spesso gli user generated content vengono sfruttati ormai anche in campo commerciale o per scopo giornalistico.

Vantaggi degli UGC

Tra i vari vantaggi che gli user generated content possono portare se inclusi in una strategia di marketing abbiamo:

  • Aumentare aumentare la reach di un contenuto;
  • Generare engagement degli utenti;
  • Potenziare l’awareness;
  • Fare employer branding;
  • Migliorare la brand trust brand reputation.

Implicito nel meccanismo degli user generated content c’è il concetto di democratizzazione della produzione dei contenuti, ovvero la possibilità di contribuire liberamente all’informazione e all’arte attraverso una produzione culturale che procede “dal basso”, riducendo così la distanza tra professionisti e dilettanti, moltiplicando le possibilità di comunicazione e informazione in maniera più libera ed egualitaria.

Questo concetto è stato poi ridimensionato da alcuni studiosi che hanno posto attenzione su alcuni rischi di queste dinamiche in termini di appiattimento culturale (Andrew Keen), polarizzazione delle conversazioni e riproduzione delle differenze di classe relative ai mezzi di appropriazione dell’informazione e della conoscenza (Geert Lovink).

La risposta risiede in ogni caso nella responsabilizzazione sull’utilizzo di strumenti da parte di chi li produce in primis, quindi gli utenti stessi, ma anche di chi ne auspica l’utilizzo, come le piattaforme e tutte le organizzazioni, tra cui le aziende, che li includono nelle proprie strategie di comunicazione e marketing.

UGC come strategia di marketing

Per un brand, infatti, avere una strategia di contenuto e un piano editoriale coerenti e nutriti è tanto indispensabile quanto dispendioso, anche proprio in termini di risorse economiche.

Per questo molte aziende, negli ultimi anni soprattutto, hanno integrato gli user generated content nelle proprie strategie di marketing, soprattutto social. In molti casi si è chiesto ai propri clienti di scattare foto e selfie che li ritraessero con i propri prodotti e di condividerla dai propri account, creando buzz e aumentando, in questo modo, esponenzialmente la reach del messaggio di brand: è quello che ha fatto, per esempio, Coca-Cola con la campagna #ShareACoke.

In alternativa si può chiedere alla propria audience di raccontare una storia, la propria storia di brand: in un approccio, insomma, che non è più quello dello storytelling ma dello storydoing.

Ancora, si possono (ben) pensare contest che abbiano come risultato finale un nuovo logo, una nuova identità visiva, delle nuove idee per uno spot: il White Cup Contest di Starbucks, per esempio, era finalizzato al redesign del doodle sull’iconica tazza bianca del brand.

Al di là di come sono ottenuti, comunque, gli UGC hanno vantaggi per il brand che vanno oltre la semplice economicità, tanto più che, in qualche caso, si può dare solo un brief agli utenti e, dopo aver raccolto le idee, occuparsi personalmente della realizzazione dei contenuti.

Se si considerano, per esempio, le abitudini di acquisto dei Millennial e le loro aspettative nei confronti dei brand ci si rende conto come l’essere chiamati direttamente in causa sia una leva potente, ormai, per far affezionare il cliente e fidelizzarlo.

Gli user generated content, cioè, creano engagement e aiutano a contribuire una community di riferimento. Senza contare, ovviamente, che per natura hanno una shareability tutta loro e non paragonabile a quella di altri contenuti aziendali.

Conclusioni

Ci sono, certo, altrettante criticità da tenere in considerazione: anche risolti i problemi di qualità di cui si è detto, il contenuto generato dall’utente è davvero in linea con i valori e con l’immagine aziendale?

Come ci si assicura che il contenuto sia originale, realmente di proprietà dell’utente in questione e non coperto da diritto d’autore?

O ancora, come ci si tutela da eventuali rivendicazioni a posteriori? Non c’è nessuno di questi punti che non possa essere risolto partendo da una strategia ben studiata e di più ampio respiro e dotandosi di una policy puntuale per l’utilizzo degli user generated content.

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